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LE POTATURE IN AMBIENTE URBANO

Capitolo 8° del Manuale per Tecnici del Verde Urbano – Città di Torino

1. Introduzione

Così come le lettere dell’alfabeto, opportunamente abbinate fra loro, ci consentono di parlare ed “esprimerci”, così le tecniche ed i tipi di potatura, opportunamente combinati fra loro, consentono al potatore di “esprimere” la propria professionalità realizzando corretti interventi cesori nel rispetto delle esigenze dei vegetali e dell’habitat in cui sono posti a dimora.
I concetti generali di potatura che verranno sviluppati riguardano le specie ornamentali in senso lato con un approfondimento particolare verso le tecniche cesorie applicate alle specie di più comune impiego nel verde urbano.
Nell’ambito delle coltivazioni legnose ornamentali, almeno due aspetti devono essere tenuti in considerazione per applicare al meglio i criteri di potatura:

1. I gruppi con caratteristiche omogenee, in cui è possibile suddividere le specie ornamentali;
2. L’ubicazione dei soggetti che necessitano di potatura.

Il primo aspetto permette di suddividere le specie ornamentali in tre grandi gruppi:

• Alberi a foglia caduca;
• Alberi sempreverdi: latifoglie e conifere;
• Arbusti a foglia caduca e persistente.

Come si vedrà, ognuno di tali gruppi richiede interventi di potatura ben determinati e spesso sostanzialmente diversi fra loro.
Il secondo aspetto relativo all’ubicazione dei soggetti da potare assume particolare importanza per le specie arboree. Infatti i concetti di seguito analizzati, pur ispirandosi generalmente al rispetto del portamento naturale delle diverse specie ed alla limitazione degli interventi cesori ai casi di stretta necessità, sono indirizzati prevalentemente alla manutenzione delle alberate stradali dove, a causa dei vincoli urbani esistenti, è necessario intervenire in modo più complesso ed articolato.
Considerato infine:

• L’elevato numero di specie rientranti in ciascun gruppo precedentemente citato;
• Il diverso modo che ogni singola specie ha di estrinsecare ì propri valori estetici ed ornamentali;
• Il diverso portamento naturale che caratterizza ogni soggetto;
• Si è ritenuto opportuno affrontare il tema della potatura facendo riferimento a tre grandi gruppi
• di specie ornamentali:

1. Alberi a foglia caduca: con approfondimento delle tecniche e dei criteri generali di potatura riferiti in particolare alle alberate urbane.
2. Alberi sempreverdi: (latifoglie e conifere) con riferimento ai criteri generali ed alla manutenzione del patrimonio arboreo di parchi collinari ed aree boscate.
3. Arbusti: con riferimento ai criteri generali, ed approfondimento per le specie di uso più comune all’interno dei vari sottogruppi di appartenenza.

2. POTATURA DEGLI ALBERI ORNAMENTALI SPOGLIANTI

2.1. Finalità della potatura

In generale la potatura, intesa nella sua accezione moderna, ha perso il suo antico carattere di “arte”, per diventare oggigiorno una operazione di tecnica colturale basata su precise nozioni scientifiche.

Lo scopo principale che si vuole ottenere con la sua applicazione è quello di regolare l’attività vegetativa in funzione della produzione nelle piante da frutto, oppure del valore estetico-funzionale (ornamentale) in quelle ornamentali.

In particolare, per quanto riguarda l’ambiente urbano, essa deve essere finalizzata al conseguimento di alcuni obiettivi come:

• Favorire la longevità della pianta;
• Mantenere il più possibile il portamento scelto (naturale o in forma obbligata);
• Risolvere problemi di stabilità, verticalità ed ingombro;
• Rimuovere focolai di infezione, soprattutto fungina.

Inoltre, nel rispetto degli scopi primari che si prefigge la gestione del verde urbano, è importante che le operazioni di potatura mirino innanzitutto alla rimozione dei possibili rischi verso i fruitori (schianti, cadute, ecc.) attraverso la eliminazione sollecita dei rami secchi e delle branche cariate, nonché ad assicurare la massima longevità possibile delle piante evitando loro per quanto possibile mutilazioni immotivate della chioma.
A fronte di quanto finora esposto, risulta evidente come, pure essendo teoricamente dimostrabile che una pianta non potata vive più a lungo di una potata, purtroppo in città l’albero ornamentale non sempre può essere lasciato crescere spontaneamente.
Esso infatti deve essere “guidato” e impostato affinché riesca a vegetare in un ambiente atrofizzato ed inquinato qual è quello urbano, caratterizzato da investimenti con sesti di impianto ravvicinati, piante deperite e senescenti, uso di varietà a grande sviluppo in ambienti ristretti, traumi e vincoli dovuti al traffico ed alle esigenze della vita cittadina.
A conferma di quanto esposto, è importante ricordare che il termine “potare” non deve essere erroneamente considerato come analogo di”tagliare” o “sbrancare”, ma va inteso come quel complesso di interventi compiuti sulla chioma, aventi lo scopo di assecondare o modificare se necessario la naturale tendenza dell’albero, per indirizzarla al raggiungimento degli obiettivi richiesti dall’habitat urbano e descritti precedentemente.

2.2. Operazioni di potatura

Le operazioni di potatura sono le tecniche elementari che il potatore sceglie e combina più opportunamente fra loro per attuare i diversi tipi di intervento.
Tali operazioni sono rappresentate da:

• Spuntatura
• Speronatura
• Diradamento
• Taglio di ritorno

Per esemplificare i concetti entreremo nel merito delle singole operazioni di potatura descrivendo innanzitutto in cosa consiste l’intervento e poi quali effetti fisiologici produce sulle piante.
E’ importante precisare come, a parità di legno asportato, ognuna delle quattro operazioni di potatura non produce effetti identici ma determina una differente reazione del vegetale.
Gli schemi seguenti illustrano, i primi tre, le singole operazioni descritte nel testo, il quarto il risultato della loro combinazione nell’intervento complessivo di potatura.

a) Spuntatura

Si tratta di un’operazione con la quale, intervenendo sulla parte apicale di un ramo o di una branca, si asporta una ridotta quantità di legno (taglio lungo).

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Dal punto di vista della fisiologia vegetale la spuntatura, in linea di massima, limita l’accrescimento e generalmente favorisce l’irrobustimento delle porzioni di pianta rimaste. Inoltre stimola lo sviluppo di nuove gemme lungo tutto l’asse dei rami ed in particolare nella porzione basale di questi. Questa operazione di potatura produce effetti diversi se applicata su soggetti vigorosi o deboli, giovani o vecchi:

• Una pianta vigorosa (generalmente soggetti giovani) ridurrà il suo vigore vegetativo diventando più equilibrata;
• Una pianta debole (generalmente soggetti vecchi) e scarsa di vegetazione dovendo distribuire la scarsa linfa su un numero notevole di gemme, tenderà ad esaurirsi.

b) Speronatura

Consiste nel taglio di raccorciamento eseguito sulla parte basale dei rami e delle branche che comporta l’asportazione di una gran parte della vegetazione (taglio corto) .

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Questa operazione di potatura comporta una riduzione del numero delle gemme da alimentare e pertanto la linfa affluisce con molta intensità nelle porzioni di vegetale rimaste. Gli effetti fisiologici che si possono generalmente ottenere sono:

• Risveglio delle gemme dormienti soprattutto in prossimità del taglio;
• Germogli (generalmente a “ciuffi”) che entrano in competizione fra loro per mancanza di una cima dominante;
• Sviluppo di rami vigorosi.

Gli effetti ora descritti si riscontrano generalmente in piante in equilibrio vegetativo; infatti anche la speronatura produce reazioni diverse se applicata su piante deboli o vigorose: per esempio, un taglio corto eseguito su soggetti vecchi, può dar luogo a cacciate vigorose tali da consentire un benefico rinnovo della vegetazione.

c) Diradamento

Si tratta di asportare completamente rami o branche con taglio rasente alla base in prossimità delle inserzioni (asportazione totale).

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Dal punto di vista fisiologico è dimostrato che, a parità di legno asportato, il diradamento rispetto ad una qualsiasi altra operazione di potatura(speronatura, spuntatura) sottrae una minor quantità di sostanze di riserva conferendo alla pianta un migliore equilibrio chioma-radici. Da ciò ne consegue che gli alberi sottoposti al diradamento formano una chioma meno compatta e più equilibrata rispetto a quelli sottoposti, per esempio, a raccorciamento. Il diradamento, asportando anche parte della porzione centrale della chioma, favorisce la benefica azione di contatto dei raggi solari ed abbassa il tasso di umidità fra le foglie limitando di fatto l’insorgenza di attacchi parassitari e consentendo un irrobustimento delle branche.
In genere si può affermare che, mentre il raccorciamento favorisce l’attività vegetativa, l’asportazione totale favorisce l’attività produttiva (fioritura, equilibrio del soggetto, ecc..). Anche questa operazione di potatura, se utilizzata da sola o ripetutamente non produce risultati soddisfacenti; infatti deve essere opportunamente integrata con le altre (spuntatura, speronatura) a seconda della condizione del soggetto su cui si deve intervenire.

d) Taglio di ritorno

Consiste nel recidere il ramo o la branca immediatamente al di sopra di un ramo di ordine inferiore a quello che si elimina. Il ramo che così rimane sostituisce la cima di quello asportato assumendone le funzioni.
E’ considerata un’operazione di potatura “indiretta” in quanto, anche se il soggetto viene privato nel suo complesso di grosse quantità di legno, e ridotto nelle sue dimensioni, consente sia di mantenere una corretta ed armonica successione fra i diametri dei diversi assi vegetativi (rami, branche) con evidente beneficio per l’estetica, che di mantenere una adeguata percentuale quantitativa e qualitativa di gemme. In altre parole, rispetto alle altre 3 operazioni prima descritte, in questo caso diventa importante eseguire il taglio in funzione del tipo e del numero di gemme che si intende lasciare (gemma apicale, numero di gemme per metro di legno).
Evidentemente questa potatura può essere applicata esclusivamente quando esistono in prossimità del punto in cui si ritiene opportuno effettuare il taglio, dei rami di ordine inferiore a quelli che si vogliono eliminare. Purtroppo, a causa di elevate densità d’investimento, di turni di potatura troppo lunghi, di tipi di potatura precedentemente adottati, ecc. non sempre sussistono i presupposti materiali per effettuare questa operazione o comunque una sua realizzazione richiede interventi successivi e dilazionati nel tempo.
Dal punto di vista fisiologico le reazioni a medio e lungo termine delle piante sistematicamente sottoposte a questa operazione di potatura si possono così riassumere:

Assenza o drastica riduzione di getti in corrispondenza del punto di taglio. Infatti la presenza del prolungamento dei rami (cima) fa sì che la linfa si distribuisca più uniformemente dalla inserzione fino alla gemma apicale evitando un suo accumulo nella zona di taglio.

Attività vegetativa distribuita in modo uniforme su tutta la pianta. Infatti, evitando il richiamo di linfa nella zona prossima al taglio, si evita di sottrarre alla parte inferiore del ramo sostanze nutritive col vantaggio che risultano ridotti danni quali: predisposizione ad attacchi parassitari; indebolimento della branca; l’accentuarsi di seccumi sui rami abbandonati dalla linfa.

Si evita il rischio di un rapido invecchiamento del soggetto grazie a minor stress vegetativo. Infatti, si scongiura una ridotta attività foto sintetica causata dalla notevole riduzione della massa fogliare tipica delle potature troppo drastiche.

Considerato che questa operazione di potatura estrinseca il massimo degli effetti se applicata su rami di diametro possibilmente non superiore ai 10-12 centimetri, è evidente che le ferite provocate dai tagli avranno superfici di sezione contenuta (conseguente minor possibilità di penetrazione da parte di funghi agenti di carie) ed inoltre le successive reazioni di cicatrizzazione risulteranno meno stressanti ed impegnative per il soggetto

Concludendo, l’adozione del taglio di ritorno si adatta perfettamente a numerosi e fondamentali criteri elementari di fisiologia vegetale, in quanto il tessuto vegetale che costituisce il callo di cicatrizzazione, essendo molto attivo e specializzato, richiede rispetto alla formazione di altri tessuti (germoglio, nuovi rami, foglie, ecc.) molta energia da parte della pianta per la sua produzione e pertanto bisogna contenere il più possibile la superficie totale dei tagli eseguiti.

2.3. Considerazioni conclusive sulle operazioni di potatura

La spuntatura, la speronatura, il diradamento ed il taglio di ritorno producono ciascuno effetti diversi sulla pianta. Pertanto, l’operazione più difficile che deve effettuare il potatore, è quella di dosare in modo opportuno questi quattro interventi in relazione al soggetto sul quale si opera, alle situazioni di fatto esistenti ed agli obiettivi che si vogliono raggiungere (vincoli urbani, disponibilità economica, sicurezza verso l’utenza, ecc.) tenendo in considerazione i principali parametri tecnici che aiutano l’operatore a proporzionare il dosaggio delle varie operazioni: il portamento naturale della specie (a cui la potatura, per quanto possibile, si deve sempre avvicinare), il turno fra un intervento e l’altro, lo stato fitosanitario del soggetto ed infine le caratteristiche costanti della specie (resistenza alle avversità atmosferiche).

A titolo di esempio, valutando il soggetto illustrato nei precedenti disegni, e considerando tutti gli elementi ora esposti, potrà essere scelta una combinazione fra le 4 operazioni di potatura secondo le seguenti proporzioni (espresse in percentuale sull’intervento globale di potatura):

• Diradamento: per 25%
• Taglio di ritorno: per 50%
• Spuntatura: per 25%
• Intervento complessivo: 100%

Va infine valutata la cosiddetta “intensità di potatura”intesa come la quantità di legno da asportare con le tre operazioni sopra elencate. Tale intensità sarà “ricca” nel caso venga asportato un grosso quantitativo complessivo di legno e “povera” nel caso venga lasciato molto legno sulla pianta. Ovviamente gli esempi e le relative combinazioni di operazioni possono essere infiniti; ciò dimostra che non esiste un unico modo di intendere la potatura, ma essa dovrebbe sempre essere adattata alle singole caratteristiche che il soggetto ha assunto nel corso della propria vita; ciò comporta quindi che si debba ritenere superato il concetto di “uniformità” che vuole tutte le piante di un’alberata o di un gruppo potate in modo uguale rispetto, ad esempio, all’altezza o alla forma. Concludendo, l’operatore che si accinge a potare, dovrà sempre:

• Esaminare accuratamente le condizioni vegetative del soggetto (portamento, vigore);
• Stimare, in base ai vincoli ed agli obiettivi, la combinazione più opportuna delle operazioni e dell’intensità di potatura;
• Eseguire la potatura in modo che la pianta mantenga un valido aspetto estetico grazie ad una forma quanto più possibile armonica e vicina al portamento naturale, nonché delle condizioni vegetative quanto più possibile ottimali, grazie ad un equilibrato, costante e duraturo rapporto chioma-radici.

3. REGOLE DI POTATURA

Premettendo che non esistono precise e rigide regole di potatura, è opportuno indicare alcune nozioni pratiche, conseguenza di quanto esposto precedentemente.
La potatura favorisce sempre l’attività vegetativa della pianta perché, riducendo il numero di gemme, concentra in quelle rimaste una maggior quantità di linfa. Questo avviene in modo più o meno intenso a seconda del tipo di potatura adottato (vedi oltre), del vigore vegetativo delle piante, e delle caratteristiche botaniche della specie.
La conseguenza più immediata e pratica del principio ora esposto comporta che per ridurre lo sviluppo di un albero, generalmente, si devono lasciare molte gemme, potando lungo.
In secondo luogo con la potatura si ha l’obiettivo di sviluppare nelle piante una forma bilanciata e simmetrica, tale da favorire una uguale distribuzione della linfa in tutte le parti del soggetto. La simmetria non va però intesa in senso strettamente geometrico, ma come equilibrio tra le diverse branche ed i loro centri di vegetazione (gemme). Ne consegue dal punto di vista pratico che quando in un albero non equilibrato si hanno branche di diverso sviluppo, per riportare l’equilibrio fra di esse si devono seguire i seguenti criteri:

• La branca vigorosa, potrà essere sottoposta a potatura estiva(potatura verde) più intensa delle altre e/o con la potatura invernale si dovrà ridurre il numero dei rami con operazioni di diradamento;
• La branca debole non viene sottoposta ad operazione alcuna se già presenta un andamento verticale; se si trova in posizione orizzontale si procede alla sua eliminazione.

Considerando poi il flusso della linfa è importante ricordare che essa tende a salire dalle radici alle branche il più verticalmente possibile e quindi abbonda nei rami verticali e scarseggia nei rami orizzontali. Ne deriva che i rami verticali raggiungono uno sviluppo maggiore mentre quelli orizzontali si indeboliscono. Pertanto è necessario potare in modo proporzionato al vigore delle branche.
Inoltre va tenuto presente che la linfa si concentra nelle gemme situate in prossimità dei tagli provocando in tal punto lo sviluppo di germogli vigorosi ma con ancoraggio precario. Trova dunque conferma la validità di effettuare dove è possibile i tagli di ritorno.
Ritornando alle nozioni pratiche di potatura va ricordato che sopprimendo una branca, la linfa va ad avvantaggiare le altre, così accade che in una branca tagliata corta si sviluppano germogli più vigorosi che in una branca tagliata lunga. Questo avviene soprattutto nelle piante giovani, mentre nelle piante adulte la soppressione di una branca non avvantaggia le altre in quanto ciascuna di esse tende ad assumere una propria individualità.
La conseguenza pratica è che risulta conveniente effettuare una corretta potatura di formazione nella fase giovanile delle piante. Nelle piante vecchie, in genere, non è errato sopprimere branche anche di diametro notevole che si trovano in condizioni tali da presupporre un limitato afflusso di linfa (sia per la posizione della branca, sia per stentate condizioni vegetative che per malattie parassitarie e fisiopatie).
Riassumendo, l’intensità di potatura deve essere proporzionale al vigore vegetativo che gli alberi manifestano, ricordando che il diradamento dei rami favorisce l’attività produttiva, il raccorciamento l’attività vegetativa.

4. TIPI DI POTATURA IN AMBIENTE URBANO

4.1. Premessa

Gli obiettivi che si devono raggiungere nella coltivazione arborea del verde urbano riguardano innanzitutto un elevato valore estetico-omamentale e cioè la maggior aderenza possibile dell’esemplare a quello che è il portamento naturale della specie e il favorire la massima longevità, compatibilmente con gli stress urbani esistenti.
E’ evidente che la potatura, se attuata come unica pratica agronomica, non è in grado di soddisfare e garantire il raggiungimento dei fini citati. Infatti tale tecnica è sempre condizionata da scelte precedenti, quali:

• Lavorazioni del terreno e concimazioni d’impianto;
• Sesti d’impianto;
• Qualità del materiale vivaistico;
• Turni di potatura applicati;
• Tipi di potatura precedentemente effettuati;
• Cure colturali (irrigazioni, concimazioni, trattamenti antiparassitari, ecc.).

Sesti d’impianto: La distanza d’impianto fra gli alberi, deve necessariamente tener conto ed essere proporzionata alle dimensioni finali della chioma delle specie scelte. Ad esempio: per alberi di prima grandezza, che raggiungono un diametro della chioma superiore a m 10, il sesto d’impianto non dovrà essere inferiore a m 10-12.

La tipologia del materiale vivaistico: il materiale di partenza è molto importante per la vita futura del soggetto. Al riguardo la migliore qualità è rappresentata dalle cosiddette piante “preparate”: alberi sottoposti a corretta potatura di trapianto, allevati a distanze opportune, con buona densità della chioma, e sottoposti a frequenti trapianti. La tecnica di coltivazione di questi giovani soggetti educati in vivaio in forme non impalcate e preparati per il trapianto, consente di evitare le massiccio asportazioni di legno all’atto della messa a dimora ed evitano lunghe crisi di trapianto in modo da estrinsecare in breve tempo la loro funzione ornamentale.

I turni di potatura: adottatisono importantissimi nel condizionare il tipo di potatura (ad esempio una sene successiva di potature forti esclude la possibilità di applicare la potatura a tutta cima) e nel determinare la vita futura del soggetto.
Con turni molto lunghi è inevitabile che i tagli avranno ampie sezioni che rappresentano sicure vie d’ingresso di agenti patogeni. Pur non essendoci regole fisse alcuni esperti consigliano orientativamente di adottare i seguenti turni di potatura:

• Fino a 10 anni tagli di allevamento ogni 2 anni;
• Da 10 a 40 anni potatura ogni 5 anni;
• Oltre i 40 anni potatura ogni 10 anni.

E’ importante ribadire che, generalmente, esiste una corrispondenza diretta tra i turni di potatura molto lunghi e le cosiddette “potature forti”, le quali, come si vedrà, sono irrazionali perché innescano una via obbligata (una potatura eccessiva è sempre causa di una susseguente potatura più severa) con il risultato che si riducono gli alberi in forme che non hanno più niente del portamento naturale.
Per evitare questi inconvenienti e per ottenere il massimo “beneficio” dalle piante ornamentali, dove è possibile, si dovranno adottare dei metodi, come oltre specificato, che pur necessitando (alcuni) ancora di qualche messa a punto costituiscono la base per impostare una razionale tecnica di “coltivazione” degli alberi in ambiente urbano.
Questi tipi di potatura dovranno chiaramente essere inseriti in turni programmati e non di emergenza, come succede quando si vogliono tamponare situazioni precarie.

4.2. Schema dei tipi di potatura

I più consueti interventi di potatura in ambiente urbano si possono così riassumere:

a. Tipi di potatura

a.1 Potatura secca Potatura di trapianto

• Potatura di allevamento
• Potatura di mantenimento
• Potatura a tutta cima
• Potatura di contenimento
• Potatura di ringiovanimento
• Capitozzatura

A.2 Potatura verde

b) Interventi

b.1 Ordinari Potatura di trapianto

• Potatura di allevamento
• Potatura di mantenimento
• Potatura a tutta cima
• Potatura verde

b.2 Straordinari Potatura di contenimento

• Potatura di ringiovanimento
• Potatura di risanamento
• Capitozzatura

Come si nota dallo schema, gli interventi cesori si possono effettuare sia durante la stagione invernale quando la pianta è in riposo vegetativo (potatura secca o invernale), sia durante l’attività vegetativa (potatura verde nel riposo estivo).Inoltre mentre le potature di trapianto, di allevamento e di mantenimento si possono considerare interventi ORDINARI di coltivazione, le altre operazioni cesorie rivestono carattere di straordinarietà. La potatura a tutta cima e la potatura verde saranno invece trattate per ultime in quanto, pur rientrando nella categoria delle operazioni ordinarie, rappresentano tecniche di recente applicazione e meritano di essere più estesamenteillustrate.

Come verrà qui di seguito specificato, i due tipi di potatura producono effetti diversi sulle piante e dovranno essere dosati con opportuni criteri.

Epoca per l’esecuzione della potatura secca

Il periodo in cui viene eseguita la potatura ha una notevole influenza sul comportamento dell’albero in quanto provoca reazioni diverse sull’accrescimento complessivo, sullo sviluppo vegetativo e sulla sensibilità a particolari attacchi parassitari.
Il periodo più adatto per eseguire la potatura secca è quello di massimo riposo vegetativo dell’albero, orientativamente compreso fra dicembre e marzo.
Le potature troppo anticipate riducono la possibilità di assimilazione di sostanze di riserva nelle radici a causa dell’asportazione di foglie che sono ancora in elaborazione, foglie che non vengono più riformate, in quanto le gemme non vegetano più fino alla primavera successiva. Ciò porta come conseguenza una riduzione dell’attività nello sviluppo della radice, con conseguente danno per la ripresa vegetativa nel periodo primaverile.
Nelle giornate invernali più fredde la potatura non è consigliabile perché i rami, induriti dal gelo, sono fragili e si spezzano facilmente: inoltre è dimostrato che le piante non potate resistono meglio al freddo.
La potatura troppo posticipata, quando l’albero ha iniziato l’attività vegetativa, provoca un indebolimento complessivo del soggetto in quanto il grande numero di germogli che si sviluppano comporta un elevato consumo di sostanze di riserva che non vengono prontamente reintegrate.
Come indicazione pratica, si può considerare, quale punto di riferimento per sospendere l’attività di potatura l’aderenza della corteccia al legno (detto anche stadio della “pianta in succhio”). Infatti se la corteccia intaccata dallo strumento di taglio si mantiene unita e ben aderente al legno, si possono continuare le operazioni di potatura anche se è già apparsa la prima vegetazione. Quando invece la corteccia tende a slabbrarsi o a staccarsi dal legno bisogna sospendere ogni operazione di potatura in quanto la fuoriuscita di flusso linfatico sottrae sostanze nutritive alla pianta.

4.4. Analisi dei diversi tipi di potatura

a) Potatura di Trapianto

Intervento che inizia nel periodo di permanenza in vivaio e si conclude all’atto della messa a dimora del soggetto.
Oggi la tendenza è quella di effettuare una potatura di trapianto contenuta cioè asportando poco legno perché si è dimostrato che una eccessiva riduzione dei rami ha effetti negativi sia sull’intero sviluppo della pianta che sull’apparato radicale. Infatti, provocando una prevalenza della fase vegetativa su quella dell’elaborazione, si induce nel vegetale una scarsa lignificazione dei rami che risultano pertanto più soggetti alle malattie ed ai danni meteorologici.
E’ però corretto affermare che, considerando che si deve sempre equilibrare la chioma proporzionandola alle dimensioni dell’apparato radicale, di fatto una potatura di trapianto minima, si può effettuare solamente quando il sistema radicale è ben sviluppato e proporzionato alla chioma. Da ciò, si è accennato in precedenza, deriva l’importanza di preferire soggetti in zolla rispetto a quelli a radice nuda in quanto questi ultimi subiscono quasi sempre traumi all’apparato radicale durante la rimozione, il trasporto e la piantumazione. A questo riguardo le piante usate in ambiente urbano si possono raggruppare in due categorie:

• Alberi con tendenza al portamento piramidale, nei quali l’asse principale raggiunge la sommità della chioma (liquidambar, liriodendro, frassino, olmo, ecc.);
• Alberi con tendenza al portamento a vaso, nei quali ad una certa altezza dal suolo, l’asse principale si apre in un certo numero di branche primarie (platano, tiglio, ippocastano, ecc.).

In linea generale, ad eccezione delle specie con un marcato portamento naturale, sono da preferire le forme di allevamento a piramide, in quanto questo portamento permette di raggiungere più rapidamente la forma definitiva, con minori tagli di potatura e minor difficoltà rispetto alla forma a vaso.
Il vaso, per la sua costituzione (corona circolare di rami) offre minor resistenza alla rottura, richiede più interventi cesori, e conferisce a volte un aspetto irregolare. Questa distinzione è fondamentale perché i criteri di potatura di trapianto e allevamento sono diversi a seconda se l’esemplare appartiene al primo od al secondo gruppo.

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b) Potatura di allevamento La fase di allevamento corrisponde ad un periodo di circa 10 anni dall’epoca della messa a dimora e si può suddividere in due sotto periodi: • di formazione: 2-3 anni • di libero sviluppo: 7-8 anni. Durante il periodo di formazione (o in fase di trapianto se i tagli sono ridotti al minimo) si dovranno effettuare i seguenti interventi di potatura a seconda delle forme di allevamento: • Nella “piramide” si dovranno diradare i rami malformati o in soprannumero, tenendo presente il principio di mantenere il tronco uniformemente rivestito. Il diradamento dovrà essere sempre più drastico procedendo dall’apice alla base del fusto principale, stimolando le piante a vegetare dove queste sono meno vigorose e viceversa, e comunque la cima deve essere sempre privilegiata e favorita; • Nelle forme “a vaso” è necessario allevare 3-5 getti opportunamente inseriti ed orientati sul fusto principale, possibilmente di ugual vigore. La restante vegetazione va eliminata; • Se l’albero è posto in condizioni di sviluppare liberamente il suo portamento naturale durante la fase di allevamento (considerando che nessuna motivazione tecnica consiglia di limitare il proprio libero sviluppo) si eseguiranno delle potature solo per asportare parti di vegetazione eccezionalmente malformata e pertanto si interverrà il minimo indispensabile. Conclusa la potatura di formazione dovrebbe far seguito un periodo di almeno 47 anni durante il quale non si eseguono potature in modo da permettere all’albero di svilupparsi liberamente lasciando temporaneamente anche gli eventuali rami in soprannumero o mal formati che nell’insieme favoriscono il sollecito e vigoroso sviluppo della chioma e quindi dell’apparato radicale. La potatura di allevamento si esaurisce con un intervento cesorio verso il decimo anno dalla messa a dimora che si concretizza nelle seguenti operazioni: • eliminazione dei rami troppo vigorosi; • eliminazione dei rami malformati; • eliminazione dei rami soprannumerari o mal disposti; • sulla parte restante di chioma sarà necessario valutare l’opportunità di eseguire con la tecnica della potatura a tutta cima i tagli necessari per completare l’impostazione della forma di allevamento prescelta. Tutti gli interventi sopra descritti dovranno essere eseguiti in modo tale che, cicatrizzate le ferite, l’esemplare arboreo risulti integro senza palesare nel tempo gli interventi cesori a cui è stato sottoposto. c) Potatura di Mantenimento Le potature di mantenimento rappresentano gli interventi ordinari digestione dell’albero. Durante la maturità, se le condizioni vegetative e di salute delle piante sono normali o quanto meno accettabili (assenza di carie, ferite, traumi, ecc.) e se non esistono vincoli limitativi particolari, la potatura di mantenimento (da praticarsi con turni di 5-7 anni per tutta la fase di maturità) si concretizza con le operazioni descritte nel paragrafo precedente. Per contenere l’attività vegetativa, con lo scopo di distanziare nel tempo gli interventi cesori, sarà opportuno privilegiare il diradamento rispetto alle altre operazioni di potatura. Contemporaneamente, dove è possibile, si dovranno contenere le speronature e le spuntature delle branche dominanti privilegiando le tecniche della potatura a tutta cima. Nella fase di vecchiaia, in condizioni normali di salute ed in assenza di vincoli (tenendo presente che una pianta senescente tende a produrre sempre meno gemmea legno perché l’attività vegetativa è ridotta ed i rami non vengono rinnovati) gli interventi di mantenimento dovranno essere la potatura di rimonda e di ringiovanimento oltre a quelli citati precedentemente. E’ opportuno ricordare che la rimonda è un’operazione rivolta essenzialmente alla eliminazione dei rami secchi, che in questa fase possono essere particolarmente abbondanti. A questa potatura, quando è il caso, potranno seguire interventi di ringiovanimento con raccorciamenti di branche principali. Un caso particolare di potatura è rappresentato dalla gestione delle cosiddette forme obbligate: si tratta del mantenimento di espressioni storiche dell’arstopiaria derivate dai giardini formali: candelabro, tronco di cono, ombrello, ecc.